Ho sorvolato, volutamente, sull’indegno spettacolo avvenuto a Tiki Taka l’altro giorno.
L’ho fatto perché quel teatrino trash era studiato, voluto, cercato.
E quel personaggio era preparato, istruito, intenzionato a scatenare la bagarre. Alla ricerca di un punto di share, delle ribattute social, di una visibilità altrimenti negata se affidata a quello che dovrebbe essere il suo, il loro lavoro.
Ma la responsabilità non può essere scaricata puntualmente sui pagliacci di turno; va ricercata in chi confeziona questi programmi, chi sceglie gli ospiti, chi prepara la scaletta.
Non ci meritiamo tutto questo. E non parlo solo in quanto napoletani, ma in quanto amanti del calcio.
Quel calcio raccontato negli anni da persone come Paolo Valenti, Raimondo Vianello, Sandro Ciotti, Gianni Minà, Luigi Necco, Bruno Pizzul e tanti altri.
Quelle provocazioni non meritano assolutamente risposta; perché non sono frutto di un dibattito, ma un semplice rutto in una gara di rutti.
Perché questo sono diventati gran parte dei contenitori televisivi: una gara a chi fa il rutto più lungo. Sono il messaggio negativo, l’antitesi dello sport.
Non elevano la polemica da bar a dibattito serio, ma rendono la polemica da bar, al loro confronto, il dibattito serio. Spingono sempre più in giù l’asticella, senza vergogna.
Convinti che è questo che la gente vuole, forse.
Dico “forse” perché in realtà la gente finisce poi per spegnerla la tv; i programmi chiudono, gli ascolti calano. E loro, anziché reinventarsi, peggiorano. Annoverano clown nel circo, ma senza strappare risate.
E a noi resta solo la nostalgia del calcio raccontato che fu; di quando la tv ancora si ricordava di dover provare ad essere esempio. Non riuscendoci sempre, ma almeno provandoci.
Con stile, garbo e ironia.
Tempi andati: ora, come dicevo, solo gare di rutti.
Alle quali non si può rispondere con ulteriori rutti, perché sarebbe il loro gioco.
A quei personaggi al massimo possiamo concedere un pernacchio, di eduardiana memoria.
Quello di testa e di petto; cervello e passione. Quello da fare con la mano molle, le labbra un po’ umettate e le dita alzate.
Nulla di più potete meritarvi.
Che di Duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari ce ne abbiamo ormai troppi.