Napoli, scudetto venduto secondo Antidoping. Ma è vero?

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Sulla puntata di “Antidoping” del 19 Novembre su Rai 2 condotta da Alessandro Antinelli è il caso di ritornarci.
E di metterci comodi perché la storia non è breve.
Come tutti sappiamo uno dei temi centrali della puntata era il presunto scudetto “venduto” dal Napoli alla malavita nel 1988.
Antinelli ci racconta che i boss della camorra erano felici per i business collegati al Napoli come i parcheggi, i biglietti e le scommesse.
A sostenerlo interviene il cronista de “Il Mattino” Leandro Del Gaudio, che dichiara:

“La camorra ha agito nei confronti del Calcio Napoli. Lo dico da cronista prima ancora che da cittadino. C’era un patto tra la città e la malanapoli, io sono sicuro del pressing della criminalità nell’88 quando il Napoli perse il secondo scudetto. Io sono sicuro che la camorra ci ha provato….ci fu un tentativo di abbracciare il Napoli e i giocatori in effetti i giocatori non rimasero immuni da contatti con la camorra”, a supporto di questa tesi la foto di Maradona con i boss nella vasca a conchiglia e niente più. E infatti aggiunge: “ ma non ho le prove, altrimenti ci scriverei un libro”.

Antinelli incalza: “E si che va bene l’amore per il Napoli ma (per i boss) gli affari sono affari. E che affari. Stagione 87/88, l’inchiesta a cui fa riferimento Del Gaudio, con tanto di testimonianze dei pentiti, riconduce agli ambigui collegamenti tra Maradona e il clan Giuliano. Il Totonero l’avevano inventato loro e sul secondo scudetto erano STATI PUNTATI MILIARDI (ricordatevi questa frase) e quindi il vero business sarebbe stato perderlo. Di qui la pressione su Diego Maradona e il clamoroso ribaltone”.

Letto bene? perfetto.
Ora vediamo come sono andate realmente le cose.

Questa bufala nacque in realtà l’anno prima, mentre il Napoli si accingeva a vincere il suo primo scudetto.
Siamo ad Aprile del 1987 e il Napoli che guida la classifica subisce una flessione di risultati.
Di fianco alla naturale tesi del calo psicofisico si insinua una teoria: la camorra non vuole che il Napoli vinca lo scudetto.
Chi la insinua? I soliti giornali. Con quali prove? Nessuna.
Alcuni giornalisti dell’epoca sostengono che la camorra accettò scommesse per 20 miliardi quotando il Napoli vincente 1 a 13 pertanto il secondo tricolore avrebbe portato un crack da 260 miliardi.
Lo dichiara, senza prove, il deputato missino Giulio Maceratini alla Commissione Giustizia, lo rilancia (senza aggiunta di prove) Il Sole 24 ore in prima pagina il 12/04/1987. “Lo scudetto al Napoli sbanca la camorra”.
Alla squadra mobile non ne sapevano nulla, ma essendo stato rotto il lunotto dell’auto di Maradona da una biglia, la polizia avvia un’inchiesta.
Matteo Cinque, capo della mobile, riferirà di non essere giunto a nessun risultato.
Aria, fuffa.
Ugo Crippo, deputato-tifoso della DC fece un’ interpellanza, ma Bianchi riferì agli inquirenti che non c’era nessuna interferenza.
La FIGC però volle vederci chiaro e infiltrò investigatori nella squadra.
“Il pretore penale Alfredo Fino, ex sostituto della Procura di Napoli, si mischiò ai giocatori azzurri per tre trasferte consecutive, a cominciare da Milan-Napoli del 14 dicembre“ riferì poi Repubblica.

Nel frattempo il giudice istruttore del tribunale di Napoli Bruno D’ Urso, che già aveva indagato sui clan e il gioco clandestino, interrogò tutti. Lo fece con mestiere, mettendoli a proprio agio, nelle loro case, in veste confidenziale.
Andò da Bagni, da Maradona, da Ferlaino, da Garella, da Bruscolotti.
Nessuno riferì minacce o intimidazioni.
Garella fu ancora più esplicito: “Nel momento in cui mi accorgessi che la camorra si occupa in qualche modo di me, prenderei la macchina, ci infilerei moglie e figli e me ne tornerei al mio paesello. Non sono mica pagato per fare l’ eroe”.

Il magistrato dichiarò: “Mostrarono completa incredulità. Ed erano sicuramente sinceri. Non solo non avevano subito alcun disturbo, ma neanche avevano dato alcun peso alle notizie pubblicate dai giornali. Per scrupolo, volli sentire anche polizia e carabinieri: le loro indagini erano ugualmente cadute nel vuoto.
Due magistrati dell’ equipe federale ebbero inoltre dei colloqui con alcuni operatori del totonero: garantirono tutti della falsità di quelle notizie, anche quelli di maggior fiducia…”.

Repubblica, che indagò a fondo, parlando con bookmakers del gioco clandestino, ottenne sempre la stessa risposta: “Non esiste questo tipo di giocata”.
E continua: “La scommessa sulla vittoria finale del campionato fatta a settembre presuppone il versamento della posta con nove mesi di anticipo sul risultato; e quindi una fiducia cieca su organizzazioni che in alcuni casi vacillano e spariscono”. Perché, riferisce il cronista, la camorra imperava sul lotto clandestino, abbastanza su altri giochi, molto meno sul totonero.
“Il Totonero è una struttura polverizzata”, riferì il giudice D’Urso, “Esistono un’ infinità di piccole e grandi organizzazioni, ben distinte l’una dall’altra. Qualcuna di esse, probabilmente, fa capo ad una famiglia camorrista”.
E allora, quei 200 e passa miliardi?: “Il giudice D’ Urso taglia corto: Può riguardare un pezzetto di camorra, forse una famiglia che si è troppo esposta con le scommesse. Anche in questo caso, però, il Napoli non ha nulla da temere: una qualsiasi intrusione si scontrerebbe con la reazione violenta dell’ intera organizzazione”.

Accantonata la bufala e conquistato il tricolore si guarda avanti.
L’anno dopo il Napoli si avviava alla conquista del secondo tricolore.
Con 4 punti di vantaggio sul Milan, crollò nelle ultime 5 giornate raccogliendo un solo punto e consegnando lo scudetto ai rossoneri.
La squadra infatti si era rivoltata contro il Mister.
Fecero addirittura un comunicato stampa contro l’allenatore.

Maradona, che secondo Antinelli e Del Gaudio era quello che tratteneva rapporti con i clan, fu in realtà forse l’unico a non mollare mai.
:”Avevo un grande Maradona e una grande squadra, ora ho solo un grande Maradona…” dichiarò Bianchi dopo il match con il Verona.

Racconta Giordano: “Diego aveva una mentalità vincente, voleva perdere tutto ma non una partita di calcio, figuriamoci quella partita. Durante la settimana intuì il declino della squadra, cercò di caricare l’ ambiente con dichiarazioni forti, ma fu inutile”. Scegliendo soprattutto le telecamere della Fininvest e interlocutori “nemici”, l’ argentino non smise di parlare nei giorni che precedettero la partita: “Al San Paolo, domenica, non voglio vedere neanche una bandiera rossonera. Ci mangeremo il Milan, Berlusconi prepari la festa, sì, ma quella del secondo posto”

Bagni dichiarò: “La squadra non si reggeva più, c’ era stato un crollo atletico e l’ allenatore aveva contribuito a creare del malumore stilando una lista di buoni e cattivi. Anche noi sapevamo di poter contare alla fine solo su Diego, perdemmo il campionato perché non ce la facevamo più, altro che storie di droga e di camorra”

Bruscolotti disse: “Non diciamo scemenze. Non ci furono pressioni ne’ della camorra ne’ di nessun altro. Perdemmo quello scudetto per un calo atletico, e soprattutto perché qualcuno (parla di Bagni) volle giocare a tutti i costi anche se era chiaro che non era in condizioni. Bianchi lo accontentò e questi furono i risultati”.

Bagni, Giordano, Garella, e Ferrario, I “ribelli di maggio”, (così furono definiti) furono poi ceduti da Ferlaino perché ritenuti tra i principali cospiratori e responsabili.

Nel 1994 parlarono poi alcuni pentiti.
Rosario Viglione, imprenditore in carcere per spaccio parla di un patto tra Berlusconi e Ferlaino, lo scudetti in cambio della possibilità di costruire palazzi a Milano. Nessun totonero.

Gli fa eco Pietro Pugliese, che conferma la matrice “politica” di quello scudetto perso, l’accordo tra Berlusconi e Ferlaino. O meglio, Berlusconi che chiama Craxi che chiama Gava, Di Donato e Pomicino, che chiamano “ambienti illegali”, che pressano e il Napoli cede.
Ma quel verbale del 19 novembre 1994, dopo accurate indagini della Guardia di Finanza, fu archiviato perché ritenuto inattendibile.
La Federcalcio non aprì inchieste e il giudice D’ Urso, all’ epoca dei fatti collaboratore dell’ Ufficio Indagini, dichiarò: “Nemmeno nell’ 88 fu aperta un’ inchiesta: nonostante le voci non riuscii ad accertare che la città fosse stata tradita dai calciatori, non in quella maniera, almeno. Indagammo ufficialmente l’ anno prima, quando il Napoli vinse lo scudetto, perché un giornale aveva ipotizzato un tentativo di boicottaggio della camorra. Ma neanche in quella occasione trovammo elementi seri”.

Ora, per chi ha avuto la pazienza di leggere tutto, i fatti dovrebbero apparire chiari.
Per chi invece è poco interessato all’approfondimento e all’informazione, l’appuntamento è su Rai 2, ogni Domenica, con Antidoping – la verifica del reale.

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