Ancelotti accettando il Napoli ha accettato più di una sfida; non solo quella calcistica.
Sapeva in che città veniva ad allenare, sapeva il potenziale della squadra e il calore della piazza.
Ma sapeva, soprattutto, contro chi si andava a mettere. Contro tutti.
L’ha scelto, consapevolmente. Non si è tirato indietro e ha messo subito mano alla storia dei cori razzisti, annunciando che a Bergamo chiederà di far sospendere la partita in caso di cori insultanti.
Non ci sarebbe nulla di strano, visto che è previsto dal regolamento.
Ma è strano perché solo una volta la partita è stata sospesa per cori contro i napoletani; fu grazie all’arbitro Gavillucci durante Sampdoria-Napoli. Fu l’ultima partita in serie A per il fischietto di Latina, dismesso a fine stagione per “motivate ragioni tecniche”.
Si vede che era proprio scarso.
I bravi, invece, i cori non li sentono. Non li ha sentiti Fabbri ieri, durante Udinese-Roma; cori partiti dopo pochi minuti dall’inizio della gara ed intonati all’unisono da entrambe le tifoserie. Uniti nell’idiozia.
Non li ha sentiti La Penna sempre ieri durante Juventus-Spal.
Non li sentì nemmeno Allegri un paio di mesi fa dopo Juventus-Napoli.
https://www.youtube.com/watch?v=aLf9pqaJtjE
Diciamo che a questo punto Gavillucci avrebbe dovuto essere premiato quantomeno per l’udito.
I “temi” sono sempre gli stessi; il Vesuvio sollecitato a fare il suo dovere e i napoletani invitati a usare il sapone. A queste persone nemmeno puoi rispondere con la storia, l’informazione, perché urlano senza nemmeno sapere cosa dicono.
Quello che colpisce, almeno secondo me, non è tanto la violenza dell’insulto.
Non che li minimizzi come “coretti da stadio”, come ministri della Repubblica hanno fatto, ma li catalogo come l’espressione palese di mancanza di creatività.
L’intento è quello di ferire, ma incapaci di farlo con arguzia, ironia, stile, sono costretti a ricorrere al becero, vile insulto. Agganciandosi a luoghi comuni e stereotipi noiosi.
No, quello che colpisce è il fatto che avvengano a 800 e più chilometri di distanza, quando il Napoli non è nemmeno in campo. E avviene, sistematicamente, in tutti gli stadi d’Italia.
E non è l’avversione per una squadra vincente, visto che il nostro scarno palmares ci viene ricordato ogni momento. E’ l’avversione per un popolo.
Ieri un giornalista brasiliano, Leonardo Bertozzi, ha twittato: “Ancora una volta “Vesuvio, lavare con fuoco” in uno stadio italiano. Per quanto tempo hanno intenzione di ignorare manifestazioni discriminatorie e lasciare giocare le partite con questa vergogna?”
https://twitter.com/lbertozzi/status/1066337201275973633
Per molto tempo, caro Leonardo.
Perché li chiamano “cori da stadio” e non gli danno peso.
E non danno peso nemmeno quando un consigliere comunale di Milano, oggi ministro dell’interno, accoglieva i tifosi del Napoli a San Siro con i sacchetti della spazzatura in mano
https://imgur.com/Iw350C9
O a quando alcuni supporter bergamaschi ci hanno portato la loro lezione di storia, noi che ne abbiamo bisogno, inneggiando a Cesare Lombroso
http://www.mediagol.it/atalanta/napoli-atalanta-lo-scienziato-razzista-lombroso-sulle-bandiere-dei-tifosi-bergamaschi/
Seguiti dal tweet di Gianluca Pini, Deputato Leghista, Parlamentare della Repubblica Italiana, che recitava: “Che soddisfazione vedere gli amici bergamaschi vincere all’estero”.
https://www.mauriziozaccone.it/citta/lonorevole-pini-la-sua-passione-napoli/
O ancora quando un giornalista di Mediaset, tal Bargiggia, definiva i napoletani:
“popolo bue, che merita la sottomissione,…siete dei Signor Nessuno, mai primi in niente”
https://www.spazionapoli.it/2017/06/04/bargiggia-tifosi-juve/?fbclid=IwAR1lr5JkzvUxH-fiL9e9CaAwGL-VklqLdCGDqIZ2GJ5yvqenRyRItpXgDv0