A 4 giornate dalla fine, a un punto dalla vetta, domenica si vola a Firenze.
Come 30 anni fa esatti.
Domenica 8 maggio 1988, sempre a -1 dalla vetta, il Napoli andò a Firenze per credere ancora nel sogno scudetto.
Due situazioni simili ma diverse, profondamente diverse.
Eravamo i campioni d’Italia in carica e avevamo guidato la classifica di tutto il campionato, nel lontano 1988.
Pur perdendo riuscimmo a vincere comunque, perché gli applausi degli 80/90000 tifosi azzurri ai rossoneri furono una lezione di rara sportività. Sacchi uscendo dal campo invitava i giornalisti a guardare i tifosi napoletani sugli spalti, ad apprezzare che lezione di stile stavano dando a tutta italia. https://www.youtube.com/watch?v=DuePS56eh0o (min.3.02)
Non era l’applauso per un gesto atletico, per una rovesciata.
Quel giorno il Milan strappò i sogni di una città; una città che però trovò subito l’umiltà di applaudire i meritevoli avversari. Ero un ragazzino, ero allo stadio.
Quanta tristezza. Quanta rabbia. Ma gli applausi che sentii mi fecero capire il senso dello sport.
Capii che quel giorno, per un altro motivo, eravamo ancora primi in classifica. Di civiltà.
Allora come ora la squadra ebbe un calo fisico. Ma lo spogliatoio non era quello di oggi.
“Mi è rimasto solo Maradona” disse Bianchi. La squadra remava contro il suo mister.
E a Firenze, nonostante il Milan pareggiò con la Juve (0-0) rendendo possibile l’aggancio, i 10000 tifosi azzurri assiepati sulla curva Ferrovia dovettero assistere ad un’altra sconfitta.
Quel Napoli acciaccato, senza Maradona in campo, con il solo Careca a correre, perse 3 a 2.
“Sembrava giocassero la finale di Coppa dei Campioni” dichiarò Careca.
Finì con il Milan campione d’italia.
Ora c’è un’altra storia. Lo spogliatoio non è scollato, anzi. E’ l’anima di questo miracolo sportivo.
E’ il segreto di questo cammino. L’unione e la sinergia di questi ragazzi sono il valore aggiunto.
Sono il nostro Maradona.
Un’alchimia rara, resa possibile soprattutto dal lavoro di un geniale condottiero; Sarri.
Quanto di piu’ vicino al geniale artefice dello scudetto rossonero di 30 anni fa, Sacchi.
Allora lo scudetto ce l’avevamo cucito sul petto e ce lo strapparono.
Ora invece stiamo provando noi a compiere l’impresa di scucirlo dal petto bianconero.
Non illudiamoci di trovare avversari “morbidi” . Non succederà.
Giocheranno, ora come allora, la loro finale di Coppa dei Campioni.
Ma non troveranno un avversario stanco, pago o in rivolta.
Troveranno la perfetta estensione dello spirito dei tifosi.
Voglia di crederci; voglia di vincere.
Voglia di riscrivere la storia.