Un giorno, tra 50, 100 anni, qualcuno proverà a ricordare questo periodo calcistico, questi anni.
E per ricostruirli consulterà la stampa dell’epoca, spulcerà gli archivi digitali dei nostri quotidiani, restaurerà le immagini digitali delle tv.
E scoprirà una storia sconosciuta. Che loro non credevano fosse esistita.
Quella di un marziano atterrato con un’astronave a Torino; un uomo che non invecchia.
Uno capace di radunare folle tanto da “riempire ogni spillo”, (sì, non è chiaro come, ma lui può riempire gli spilli, così hanno scritto).
Un extraterrestre chiamato a sfide impossibili: tipo stravincere le classifiche cannonieri, battere il record dei gol in Serie A, vincere Champions, scarpa, pallone e magari tuta d’oro.
E, nel frattempo che riesca a centrarne almeno una delle “sfide impossibili” elencate dai quotidiani, la fantasia sfrenata di certi cronisti porterà alla luce invidiabili record mai pensati prima: dal numero di follower su Instagram al numero dei milioni di ingaggio, passando per il record di “tiri nella zona calda” o al primato di aver sempre esultato in tutti e 4 i campionati dove ha giocato fino alla capacità di procurarsi rigori solo volando.
Due anni di resoconti dettagliati dal suo “primo vitello tonnato mangiato” alla sua prima notte a Torino “da re nella residenza dei re”. Le vere motivazioni che hanno spinto il divino a scegliere Torino; non brutte storie di ingaggi, milioni e sconti fiscali. Ma, semplicemente, “alla Juve per amore”, per “trovare quella devozione che a Madrid non sentiva più”.
E ancora le interviste che non ti aspetti; come al sosia di Cristiano Ronaldo (“mangio come lui, l’ultima linguina al pesto risale al 2013“), passando per le “meches sul ciuffo e solo sulle punte per illuminare il viso” fino alle grandi sfide vinte, come quella sul Papa (340 mil. di followers a 11).
Mi sembra di vederli i cronisti del futuro domandarsi perché, nel giorno in cui la Francia si aggiudicava il mondiale russo, i giornali sportivi relegavano la notizia a trafiletto, per narrare la discesa sulla terra del marziano.
Oppure in quale anno il pallone d’oro non veniva assegnato da France Football ma da Tuttosport (“per noi sei il vincitore”).
E speriamo che i posteri, impegnati in questa ricostruzione, si ritrovino tra le mani lo stesso libro che sto sfogliando io: “Cristiano Ronaldo nel paese degli Agnelli: Il campione della Juventus raccontato dai media italiani”, scritto da Paolo Ziliani.
Troveranno tutto il lavoro fatto, messo insieme. Minuziosamente catalogato e magistralmente commentato.
Con lo stile, l’eleganza e l’ironia tipica dell’autore che resta una delle pochissime voci fuori dal coro dell’istituto “Luce”, come lui stesso definisce la narrazione di questi anni.
Una storia di fantascienza, di superpoteri (175 per la precisione) che a loro, imperdonabilmente, era sfuggita.
E si domanderanno se, colpevoli di non ricordare il più grande momento calcistico e non solo della storia d’Italia, avranno forse sbagliato mestiere.
O riusciranno a capire che, più verosimilmente, erano stati i loro predecessori a sbagliarlo.