La doppia sfida per la testa della classifica comincia sabato alle 15,00.
Stadio Vigorito, si affrontano Benevento e Juventus.
65 punti in classifica dividono le due compagini.
Ma guardando la partita ti rendi poi conto che le differenze non sono così siderali.
La Juve passa in in vantaggio con un gol di Dybala. Diabatè pareggia pochi minuti dopo.
I bianconeri ritrovano il vantaggio con un rigore concesso grazie all’utilizzo del Var.
Ma il Benevento recupera di nuovo con Diabatè portandosi sul 2-2.
Fra i cori juventini “noi non siamo napoletani” e i fischi di risposta dei supporter beneventani, il match prosegue in pareggio fino al 74°, quando Higuain cade rovinosamente in area.
Un cecchino? Un malore? L’uomo invisibile? Un omaggio a Krasic e a Cuadrado?
Per l’arbitro è tutto chiaro: calcio di rigore.
Ci sarebbe il Var che potrebbe chiarire, ma per chiarire servono i dubbi, e Pasqua non li ha.
D’altronde il Var con i bianconeri è noto per l’effetto strobo, luci da discoteca; si accende e si spegne. E la Juve torna in vantaggio.
Sul finale la chiude Douglas Costa con un bel gol; il brasiliano esulta con stile zittendo i tifosi del Benevento con il gesto del dito indice sul naso. Giusto per ricordarci che non indossa quella maglia per caso.
Finisce come doveva finire, con la vittoria dei bianconeri.
Dell’episodio da moviola nessuna testata giornalistica o tv ne fa cenno; chi affronta la questione dice che il rigore è sacrosanto; c’era il contatto. Higuain accentua solo un po’ la caduta.
Che il Pipita la caduta non la accentui ma la inventi è quindi solo una nostra fantasia.
Tutto questo “a norma di regolamento”. Frase ripetuta come un mantra.
E’ stupendo questo appellarsi al “regolamento”, dopo decenni di “ci può stare”, “era difficile da vedere”, “tutti possono sbagliare”, “gli errori si compensano” e via dicendo.
Lo stesso regolamento che sancirebbe “contatto” anche per la trattenuta di Benatia su Diabatè al 22° della ripresa.
La Juve quindi, dopo la batosta Champions, esce vincente dal Vigorito con un momentaneo +7 sul Napoli.
E arriviamo a domenica. Stadio San Paolo, ore 15: Napoli-Chievo.
A chi racconta una piazza ormai rassegnatasi, rispondono gli spalti pieni.
Pur senza la lucidità e la brillantezza dei mesi passati, comanda il Napoli, ce lo dicono i numeri.
33 tiri a 2, 76% di possesso palla, 14 calci d’angolo a zero.
Il primo tempo va via tra amnesie, esterni rete e gol mangiati.
Poi arriva la ripresa, in tutti i sensi.
Prima Insigne si divora un gol poi Mertens si procura un rigore, che sbaglierà.
“A norma di regolamento” andrebbe ribattuto; un difensore clivense entra in area prima del tiro. https://imgur.com/qtUaiDH
(regola 14 – par.3 – pg112) http://www.aia-figc.it/download/regolamenti/reg_2017.pdf
Qualcuno opporrà che questa regola raramente viene rispettata;
Fu rispettata però con Hamsik in Napoli-Juve del 2011, quando lo slovacco fu costretto a ribattere la massima punizione (andata in rete al primo colpo) per la stessa infrazione. Alla ribattuta sbagliò.
Ma in fondo “ci può stare”, “era difficile da vedere”, “tutti possono sbagliare” ecc.ecc.
Il Napoli assedia l’area avversaria e tra parate e occasioni sprecate, è il Chievo a trovare il gol con l’unica amnesia difensiva dei partenopei.
Sembra finita tutto. Sembra.
Il Napoli attacca ma non trova la rete del pareggio, fino al 90°.
Fino a 5 minuti dalla fine.
Gli ultimi 5 minuti.
Quelli che da ragazzino andavo a vedere allo stadio, perchè i cancelli venivano aperti prima che terminasse la partita. Quelli che mi vedevano incrociare tifosi che lasciavano il campo prima della fine. Già allora non capivo perché; era come uscire dal cinema prima che terminasse un film solo perchè se ne era intuito il finale.
Dopo 90 minuti di sofferenza, gli ultimi 5 minuti.
“Tutto ciò che vale merita di essere atteso” diceva qualcuno.
E io, per quegli ultimi 5 minuti, avrei sofferto anche 2 giorni.
Prima Milik, su cross di Insigne, la mette dentro per la rete del pareggio.
Lorenzo zittisce chi l’aveva fischiato. Niente di grave. Fra Lorenzo e i tifosi ci sta “a’ cunferenza”.
Si litiga e poi è tutto a posto.
I fischi fanno purtroppo più rumore degli applausi. Un po’ come la storia dell’albero che cade rispetto alla foresta che cresce. E la foresta sono i cori di tutto lo stadio al 93°. Quando sembrava finito tutto.
Poi Diawara trova il 2-1.
Era tutto finito e poi non è finito niente.
Nella giostra delle emozioni di quest’anno, ci mancava solo una vittoria così.
Una di quelle di mazzarriana memoria. Si può dire che abbiamo visto tutto.
Potranno ripetere all’infinito che “tanto non vincete mai nulla”, “lo scudetto del bel gioco”, “triplete a testa alta” e via dicendo.
Mancano 7 partite, manca lo scontro diretto.
Finirà come dovrà finire, ma non gli dobbiamo regalare nulla.
Non dobbiamo mollare di un passo.
Fino all’ultima speranza.
Fino agli ultimi 5 minuti.