Come ai tempi del colera

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«Il coronavirus come il colera», titola Il Mattino oggi.

E auguriamoci che l’allarmismo in atto sia, come ai tempi dell’ultima epidemia di colera, superiore alla reale portata del pericolo. Perché la storia ci ha raccontato troppe volte che la paura, il panico, hanno creato spesso più danni del pericolo stesso.

Come accadde a Napoli nel 1973 quando, a causa di una partita di cozze tunisine, il colera sbarcò in Puglia, a Napoli, Cagliari, Palermo e in altre città europee come Barcellona.

Ma Napoli fu la città che se ne liberò per prima. Sì, perché in 7 giorni fu realizzata la più grande operazione di profilassi europea dal dopoguerra. Vennero vaccinate un milione di persone in una sola settimana. E dopo soli 2 mesi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò conclusa l’infezione di colera a Napoli.

Ma, “se noi riguardiamo i giornali dell’epoca bisogna ammettere che la criminalizzazione di Napoli fu davvero spropositata” come disse Paolo Mieli che all’epoca seguì la vicenda (lo racconto nei dettagli in #Sputtanapoli).

Il colera, etichetta che ci viene appiccicata addosso da tempo, ritorna ciclicamente, come nello striscione comparso stamattina a Milano.

Ma, tornando al coronavirus, Il Mattino ci racconta come il calcio in Cina stia risentendo del panico in atto, con la serie A cinese che non comincia, la finale di Supercoppa sospesa, giocatori che vanno in ritiro all’estero e non tornano e la squadra dove ha avuto origine l’epidemia, il Wuhan Zall, che è volata a Malaga e poi a Cadice per effettuare la preparazione ma che non trova squadre disposte ad affrontarla in amichevole, per timore di contagio.

E aggiunge:
«Qualcosa di simile a quello che nel 1973 ha vissuto il Napoli: in estate il colera colpì la città. Le gare di Coppa Italia vennero rinviate proprio perché tanti calciatori temevano un contagio. E si ebbero difficoltà anche a trovare avversari in amichevole: solo il Genoa sfidò i timori (ingiustificati). Da lì la nascita di uno dei gemellaggi più lunghi della storia del calcio».

Del fatto che il gemellaggio (poi interrotto) tra Napoli e Genoa sia nato a quei tempi prima ancora della sfida al San Paolo del 1982 (con il Genoa che si salvò grazie a un errore di Castellini tra gli applausi dei partenopei) ne ho trovato traccia in diversi siti.

Ci sono anche dichiarazioni riportate di Bruscolotti che recitano:

il Genoa fu l’unica società che ci volle ospitare a Genova per disputare un’amichevole. Sono cose importanti che non si possono dimenticare. Ho vissuto in prima persona quell’episodio: i buoni rapporti tra le due squadre e tra le due tifoserie sono iniziati da quel momento, tutto è nato da quello. Gli altri club avevano paura di contagi, non so se giustamente o meno. Il Genoa invece ci ospitò: non abbiamo mai dimenticato quel gesto”.
https://www.tuttonapoli.net/le-interviste/bruscolotti-svela-gemellaggio-napoli-genoa-nato-ai-tempi-del-colera-37657

In realtà, a rileggere le cronache del tempo, la storia non appare così semplice.

L’allarme colera scoppiò il 27 agosto del 1973. Il 16 settembre il Napoli avrebbe dovuto affrontare a Genova i grifoni, mentre il Verona sarebbe dovuto andare a Bari.

Pochi giorni prima arriva però il diniego della Regione Liguria “per evitare pericoli eventuali di diffusione del colera in questa regione”.

Sia Il Napoli di Ferlaino che il Genoa protestarono vibrantemente. Oltre al fatto che il Napoli non riuscisse a confrontarsi con nessuna squadra con conseguente danno alla preparazione c’era il sensibile danno economico derivante dal mancato incasso (all’epoca unica fonte d’introito per i club). Preoccupazione condivisa dal Genoa che senza mezzi termini, per bocca del vice presidente Berrino, dichiara: “danno doppio, economico e tecnico. Mancherà l’incasso e non potremo sostituire l’incontro con amichevole adeguata”.

Questione di soldi, quindi. Ed ecco che il Genoa sfida tutti: se la Regione vieta l’incontro, andiamo noi a Napoli!

Un gesto apprezzabile, senza dubbio, che la Lega accettò volentieri. Gara spostata a Napoli, quindi.
Ma la società ligure aveva fatto i conti senza l’oste. I giocatori del Genoa si rifiutarono di partire, insieme a quelli del Verona attesi in trasferta a Bari. Avevano paura del contagio. Nulla di assurdo, dato il clima di paura generatosi nel paese, per quanto non ci fossero dinieghi delle autorità preposte.

Un rifiuto “giusto”, scrisse il Corriere della Sera il 16 settembre, considerando che le autorità le quali avevano dato l’ok, si erano espresse in maniera diversa per altri match campani.

Ma che indignò non poco i calciatori del Napoli e del Bari che si espressero con due telegrammi all’avvocato Campana il quale auspicava solidarietà per i colleghi di Genoa e Verona.

Juliano per il Napoli scrisse: « A nome dei giocatori squadra del Napoli le esprimo il rammarico per la decisione inattesa assunta dalla squadra genoana. E’ difficile comprendere e condividere tale atteggiamento dopo le assicurazioni positive fatte dal loro massimo esponente».
I giocatori del Bari furono ancora più espliciti etichettando i comportamenti del Verona come antisportivi, ingiustificati e lesivi.

Nel frattempo la Sampdoria, attesa a Catania per un match di Coppa Italia, studiava la possibilità di incontrare il Napoli in quei giorni per sdrammatizzare la situazione venutasi a creare.

Finì che Genoa e Verona non vennero a Napoli e Bari e persero a tavolino i rispettivi match di Coppa Italia. Oltre a 1 punto di penalizzazione nelle classifiche a gironi e la condanna al risarcimento nei confronti delle squadre avversarie per il mancato incasso.

E il Napoli troverà in quei giorni prima il Catania disposto ad affrontarlo in amichevole e poi il Bari.

Genoa e Verona faranno poi ricorso

Ma i reclami saranno respinti.

La pace sarà poi sancita il 21 ottobre del 1973 in un incontro amichevole a Marassi.

Oltre un mese dopo, a campionato già iniziato e paura passata.

Il Napoli, reduce da una vittoria in casa con la Juventus, si impose per 2 a 1 sul Genoa (Clerici e Bruscolotti marcatori).

E il Genoa, oltre a perdere sul campo, non riuscì ad esultare neanche al botteghino, “visti i soli 7 milioni di incasso a fronte dei 14 versati dal Genoa al Napoli come indennizzo”.

Fu comunque definita dalla stampa la “partita della riconciliazione”, e a fine gara il presidente Berrino consegnerà poi 16 medaglie d’oro ai giocatori ospiti.

A leggere i giornali, quindi, furono solo il Catania ed il Bari a sfidare i timori dell’epoca; per quanto il match di Marassi ebbe comunque il suo valore simbolico e mise fine alle polemiche createsi; forse non giustificate ma comprensibili per il clima di paura che aleggiava in quel periodo, complice la “criminalizzazione spropositata” detta prima.

Una “criminalizzazione” che non cominciò certo allora e che, purtroppo, non è terminata oggi.

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