Libero: “Salutame a soreta”

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Settimana di fuoco passata, e il fuoco stavolta ci ha un po’ bruciati.
La sconfitta con la Juve, della quale si è già detto.

L’inter che conquista il primato della classifica, che và rispettata.
Ognuno ha la sua strada per arrivare ad un obiettivo, l’inter percorre la sua e i risultati le stanno dando ragione. Non hanno giocatori qualunque, non hanno un allenatore qualunque. 
Se per noi i 38 punti in 15 giornate sono il nostro record di sempre, anche per l’Inter
questa è la loro miglior partenza in Serie A da quando la vittoria assegna 3 punti. 
Bisogna tornare al 1950 per trovare una loro partenza analoga.
Che per una squadra con il palmares dell’Inter è tutto dire.

E ieri ci è toccato salutare la Champions.
Chi vive la piazza partenopea sa bene che la delusione è relativa.

Sa bene che l’impegno era vissuto più come un ostacolo alla corsa in campionato che altro.
Ma le prestazioni non ci hanno confortato.
4 sconfitte nel girone sono francamente troppe, comunque siano venute.
Accettiamo di non aver saputo dare il meglio, oppure che il meglio non è bastato.

Ma, nel dopo-Feyenoord, vince tutto “Libero”, che nello Sport titola “Napoli, salutame a soreta”.
Nessuno pretende che la lingua Napoletana, pur se riconosciuta dell’Unesco, sia conosciuta anche dai giornalisti di tutta Italia.
Ma se pensi di farci un titolo, magari cerchi su Google l’etimologia della frase, così magari la battuta ti riesce pure.
Ma “salutame a soreta” , frase riferita a chi ha una bella sorella, spesso indicata come allusiva ad una tresca con la stessa, c’entra nel contesto quanto Libero con il giornalismo. Niente.

Non so se Fabrizio Biasin, il giornalista che ha firmato il pezzo (tra l’altro equilibrato) sia anche l’autore del titolo (spesso non è così).
Ma anche per l’ironia serve competenza.
Ma ad ogni modo sappia “Libero” che non ci offendiamo (anche per evitare che riesumino titoli come “Piagnisteo Napoletano” dei mesi scorsi).

Raffaele Viviani nella sua poesia “L’offesa” invitava, prima di reagire, a “pesare” l’autore della stessa. Se non era all’altezza di comprendere una replica, andava ignorato, perché a punirlo era già stato il destino.

Noi, quelli di Libero, li abbiamo già pesati.

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L’Offesa (Raffaele Viviani)

Quanno si’ offeso, primma ‘e t”a vede’,
pesa ll’offesa e chillo ca t”a fa.
si è degno, ca st’offesa pò arriva’,
‘a scemo nun puo’ proprio rimmane’.

Faie buono a stabili’ ll’ommo chi è,
si tene comme a te na dignità:
ma si nun tene niente ‘a tutela’,
tu che ato lle vuo’ di’? ll’hê ‘a cumpate’.
Chillo è nu poverommo, nun capisce,
e passa ‘a vita soia dint’a n’inferno:
cchiù fa vede’ ch’è forte e cchiù subisce.

E comme tiene ‘o core d”o puni’
si l’ha punito tanto ‘o Pateterno?
Dalle ragione e dille sempe sì.

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